La compagnia
Kalofèn Teatro nasce nel 2012, traendo spunto, per il nome, dal personaggio dello specchio incantato di un affascinante testo di Michael Ende: La favola dei saltimbanchi.
La sua magia è immediato richiamo all’immaginazione, fantasia e creatività, tre elementi da coltivare e alimentare continuamente per portare avanti un progetto artistico.
Forse però, ad aver fornito il vero punto di contatto con il teatro e il teatro di strada, è stato il suo non essere uno specchio qualunque, passivamente riflettente, quanto piuttosto qualcosa di più: un oggetto in grado di scivolare sul mondo per catturare le immagini e portarle con sé, mostrando poi quelle importanti, capaci di emozionare.
Lavoro comune a quello dell’attore che strenuamente tenta di rubare, al mondo che osserva, immagini da riproporre al pubblico, rielaborandole, trasformandole in metafore, in modo da colpire, strabiliare o fornire spunti di riflessione.
Tecniche e immaginario
La spettacolarità necessaria per essere impattanti in contesti dispersivi come vie e piazze, e le tecniche di improvvisazione proprie del teatro di strada fin dalle sue origini – quelle della Commedia dell’Arte e prima ancora dei giullari e dei saltimbanchi – sono senza dubbio tra i metodi più efficaci per favorire lo scambio e la partecipazione del pubblico: il loro utilizzo permette il coinvolgimento diretto degli spettatori, favorendo un’empatia quasi immediata tra pubblico e personaggi.
Anche per questi motivi l’immaginario della Compagnia è frutto della rielaborazione di elementi della letteratura classica in senso lato, dalla mitologia ai poemi cavallereschi, passando per la fiaba, la Commedia dell’Arte, fino ad arrivare a Italo Calvino. Molti dei testi classici sono purtroppo molto spesso volontariamente dimenticati: perché noiosi, studiati a scuola; perché ostici, a causa del linguaggio; perché inutili, non essendo capaci, all’apparenza, di parlare dei giorni nostri. Eppure non è così. Il Minotauro salta fuori sulle sue forti zampe dalla vecchia, antica, ormai perduta civiltà greca, eppure è ancora possente metafora di esclusione, desiderio di relazione – per Borges – o, come scrive Dürrenmatt, di innamoramento. Le giullarate, tra satira e motteggi, descrivono meccanismi di potere identici a quelli che dobbiamo affrontare quotidianamente. L’Orlando furioso è ancora un efficace, onirico e straordinariamente ironico simbolo di un sistema in crisi.
Per questo non vanno persi.
Le persone
Marco Buldrassi, livornese, classe 1975, inizia ad esibirsi come clown-giocoliere nel 1998, facendosi le ossa sul campo. Successivamente approfondisce e perfeziona le tecniche di mimo, clown e commedia dell’arte con vari maestri tra cui Giorgio Monteleone, Bianca Francioni, Carlo Boso e André Casaca, l’arte di strada con Peter Weyel, e il teatro fisico con César Brie.
Studia inoltre creazione di maschere, drammaturgia e Commedia dell’Arte con Andrea Cavarra (Zorba officine creative) e Carlo Boso; approfondisce le tecniche di uso del corpo e del movimento studiando contact improvvisation con Javier Cura e Massimiliano Barachini, teatro danza con Cristiana Morganti, Kenji Takaji (Tanztheater Wuppertal Pina Bausch) e Raffaella Giordano (Sosta Palmizi), musicalità e ritmo del corpo con Jean Jacques Lemètre (Theatre Du Soleil).
Prosegue la sua attività di spettacoli in strada, partecipando – sia come clown che con spettacoli di improvvisazione itinerante – ad alcuni dei festival più importanti dell’ambito, tra cui Mercantia (Certaldo) e il Ferrara Buskers Festival.
Parallelamente partecipa anche, in qualità di mimo, giocoliere, clown e trampoliere, a varie opere liriche, tra cui Il crepuscolo degli dei e Le Valchirie di R. Wagner per la regia della Fura del Baus e Pagliacci di R. Leoncavallo per la regia di Franco Zeffirelli, opera per la quale è componente fisso del cast.
Nel 2021 comincia a dedicarsi anche all’organizzazione di eventi, e, nell’estate 2022, cura come Direttore Artistico la sezione degli artisti di strada di Effetto Venezia, storica manifestazione culturale del Comune di Livorno e Fondazione LEM.
Giulia Ventura è nata a Bologna nel 1983. Comincia la sua attività teatrale nel 2001 come allieva nei laboratori del Teatro dell’Argine di San Lazzaro di Savena (BO); partecipa poi a diversi corsi e stage di approfondimento e perfezionamento con artisti quali Alessandro Bedosti, Nicola Bonazzi, Carlo Boso, Pierre Byland, Compagnia Abbondanza Bertoni, Maria Teresa Dal Pero (Teatro de los Andes), Pietro Floridia, Roberto Garelli, Gianluigi Gherzi, Paco Gonzales (Familie Floez) e Beatrice Libonati. Ha inoltre esperienza di aiuto regia, drammaturgia e di insegnamento nei laboratori teatrali per adolescenti e adulti; dal 2006 partecipa insieme ai registi e drammaturghi del Teatro dell’Argine al progetto interculturale La Scena dell’Incontro, nell’ambito del quale nascono gli spettacoli Sulle dita di una mano e Matrimonio a Babele.
Dal 2007 al 2011 ha recitato nella Compagnia Multiculturale del Teatro dell’Argine che ha messo in scena gli spettacoli Grande Circo Inferno (regia di Nicola Bonazzi, 2008), Di che paese è Madre Coraggio? (regia di Nicola Bonazzi e Pietro Floridia, 2009), L’ultima notte dell’anno (regia di Nicola Bonazzi, 2010).
Partecipa inoltre agli spettacoli I pachidermi di Andrea Paolucci (2011), Il balcone della vanità di Vincenzo Picone (2013), Le parole e la Città (2014 – Premio Nico Garrone nel 2015).
Nel 2015 si trasferisce definitivamente a Livorno e prosegue, oltre all’attività artistica, quella didattica cominciata a Bologna: collabora con diversi enti e associazioni del territorio come operatrice teatrale nelle scuole e nei laboratori per ogni età.
Affiliazioni
La compagnia ha sempre collaborato con diverse realtà del territorio sia per la produzione di spettacoli che per l’organizzazione di attività culturali, ma dal 2016 – per convergenza di spirito e intenti – è ufficialmente parte dell’Associazione I Chicchi d’Uva APS di Viareggio, ente culturale composita, sfaccettata e attivissima in tutta la Toscana da oltre vent’anni, anche (e forse soprattutto) in virtù delle sue molte anime.